Introduciamo il sesto articolo sulla ceramica da rivestimento dedicato ai materiali con un’espressione di Solano Benítez[1], “L’architettura parla tramite la materia: comunica con la ceramica e con la pietra”.
La materia è l’espressione finale del processo creativo e compositivo di un organismo architettonico, rispecchia la voce dell’architetto che si rivela attraverso di essa.
Ai materiali appartiene la classificazione, la distinzione tra finiture diverse, alla materia la capacità di diventare elemento plasmabile nelle mani del progettista che, a sua volta, le consente di manifestare il suo carattere e di suscitare sensazioni, soprattutto tattili, ed emozioni.
Il discorso relativo ai materiali si colloca in un ambito “fisico” e “oggettivo” che, tuttavia, ha indotto alcune riflessioni intimamente legate alla percezione e all’attività sensoriale. È, infatti, attraverso i sensi che percepiamo la realtà che ci circonda e la materia, trasformata in materiale, è la sua manifestazione. Sono le attività percettive che, non ancora oggettivate dal ragionamento e, quindi, posizionate in una terra di mezzo tra la nostra coscienza e il mondo circostante, che suscitano sensazioni seduttive, ci affascinano e scelgono, prima delle nostre elaborazioni, se andare verso o restare fermi.
Il pensiero generato dal senso del tatto è veicolato da una sensazione, quella tattile, che crea la consapevolezza di ciò che si sta toccando. È un gioco tra ciò che si tocca e il pensiero generato: la sensazione è solo una scoperta, il pensiero un’invenzione.
La materia è funzionale alla filosofia progettuale ed è rappresentativa di stili artistici e di correnti architettoniche: il mosaico utilizzato nell’architettura religiosa bizantina non è solo un insieme di tessere, ma un materiale che sostiene la narrazione architettonica di quel particolare stile artistico; il marmo è espressione dell’architettura rinascimentale e interpreta al meglio l’idea del recupero dei modelli culturali classici; il cemento armato ha consentito a Le Corbusier di elaborare i suoi cinque punti dell’architettura, cinque proposte pratiche sulle quali impostare il modo di fare architettura. Abbiamo una serie di materiali che seguono il discorso concettuale della creazione compositiva e, quindi, la scelta di un materiale riesce a cogliere l’aspetto poetico e narrativo di un progetto.
Il materiale determina il processo creativo, ne definisce le prestazioni, la qualità dell’involucro, la qualità degli spazi, le atmosfere e le ambientazioni. Spesso, già dalle primissime fasi progettuali, si pensa a un materiale che sarà l’ossatura del progetto, tanto da identificare il materiale stesso con il concetto progettuale che si vuole esprimere.
In altri casi l’utilizzo di uno specifico materiale al posto di un altro nasce da uno scontro con la realtà e diventa meno violento quanta più esperienza si è stati in grado di maturare attraverso la profonda conoscenza del materiale stesso. Si può immaginare lo spazio, si può avere una visione complessiva della trasformazione di un luogo e, nella maggior parte dei casi, quella visione risulterà coerente. Con i materiali c’è un margine di errore più alto che può imporre cambiamenti e scelte diverse in corso d’opera. Ed è per questo che alcuni progettisti sostengono che il processo compositivo e lo spazio architettonico giocano un ruolo molto importante e, forse, precedente alla scelta del materiale, in questi casi la materia segue la composizione, preceduta dall’analisi della spazialità. Una delle eccezioni è Bosco Verticale, in cui il verde è stato considerato alla stregua di un materiale architettonico, e che è stato concepito fin da subito come un edificio che integra la vegetazione come componente fondamentale; la sua facciata si modifica così al variare delle stagioni e, sottolinea l’architetto Gian Andrea Barreca (Barreca e La Varra), “ci fa accettare l’idea di un’architettura che non è immutabile nel tempo, ma che cambia col passare dei mesi”.
La corrispondenza tra la materia e il racconto del progetto viene messa in discussione dal dibattito compositivo ed espressivo contemporaneo che inserisce la “disomogeneità” tra i tanti linguaggi della progettazione. Si assiste al superamento dei confini dei campi di applicazione dei materiali a scale diverse. Il materiale e la sua prima declinazione nel complemento d’arredo diventano attori protagonisti di un sistema di visioni suggestive sul palcoscenico dell’Interior Design.
Infatti, alcuni materiali riescono ad assolvere il difficile compito del passaggio di scala e sono in grado di soddisfare richieste progettuali complesse. Ciò è possibile, in primo luogo, attraverso il concorso delle nuove tecnologie che consentono ai materiali diverse applicazioni e declinazioni, ma è necessario anche il superamento “concettuale” che vede, soprattutto in relazione allo spazio, cadere barriere e confini che stabilivano una stretta reciprocità fra materiali e scale di intervento, fra materiali e oggetti, fra materiali e modalità d’uso.
Il tema della fluidità, dell’ibridazione e il nuovo “eclettismo colto”, risultano sempre più attuali nell’Interior Design contemporaneo e l’abilità nel gestire il passaggio di scala dal materiale all’Interior, passando per il complemento d’arredo, assume sempre di più un ruolo fondamentale.
Il concetto di agilità spaziale non toglie ai materiali, e quindi ai rivestimenti, la capacità di suggerire, in chiave moderna, l’identità di un luogo. Al contrario gli ambienti si arricchiscono di nuove suggestioni e rispondono ad esigenze contemporanee. Gli spazi possono avere una loro fluidità, possono trasformarsi, ma devono essere degli spazi definiti matericamente e non virtualmente. Ne deriva un esercizio di protezione dinamica del carattere dei nostri luoghi che si mostrano, al tempo stesso, polivalenti e riconoscibili. Essi devono restituirci l’idea archetipica dell’abitare e devono essere capaci di emozionarci. Il progetto creativo deve sempre tener presente la vita dello spazio interno, le persone che ne dispongono, la sua gestione e la sua manutenzione, perché “solo se abbiamo la capacità di abitare, possiamo costruire” (M. Heidegger).
Un esempio di ibridazione spaziale e funzionale è il progetto di una “Doccia in camera a Praga” dell’architetto Davide Vizzini, ospite di questo articolo con una sua intervista.
La risposta progettuale si è concentrata sulla ricerca del significato essenziale e profondo delle superfici e dei materiali; è stata realizzata una parete attrezzata immaginata come fosse una membrana interattiva a cui far assumere, centimetro dopo centimetro, significati ed usi diversi. Il risultato è un incastro di materiali, trattamenti artigianali, trame superficiali, modi di interagire con la luce. Questo approccio ha scongiurato il fortissimo rischio di far apparire accessori normalmente estranei ad una camera da letto come posticci e sgradevoli. Le funzioni della parete boiserie della camera sono state costruite e posizionate utilizzando il linguaggio del moderno: per giustapposizione di piani ed affiancamento. Il box doccia non è una cabina ma un’intersezione fra piani in vetro, il lavabo arretra in una nicchia, le ante di chiusura attivano il suo ruolo ambivalente: parte del disegno della composizione ed angolo luminoso fra gli specchi per il make-up.
La ricerca portata avanti dall’industria sulle capacità espressive dei nuovi materiali, offre una vasta gamma di opportunità creative per il rivestimento e per le pavimentazioni. Oltre al diffusissimo gres porcellanato troviamo altre infinite possibilità per pavimentare, rivestire e decorare spazi e ambienti domestici.
La collezione Spring di Ceramica Sant’Agostino,
presenta una linea di rivestimenti con superfici dai toni saturi: la bicottura di pasta bianca rettificata. Una piastrella per il bagno che valorizza tutta la vocazione al colore della bicottura smaltata, offrendo a progettisti e arredatori uno strumento versatile dalle grandi potenzialità e in grado di dialogare con le altre collezioni in gres porcellanato dall’effetto cemento, legno, resina o pietra.
Con Flexible Architecture di Philippe Starck,
proposta sempre da Ceramica Sant’Agostino, “il prodotto da rivestimento assume una valenza totalmente nuova: da consueto elemento decorativo a nuovo sistema architettonico”. Si tratta di rivestimenti 3D in bicottura di pasta bianca rettificata che trasformano l’elemento decorativo in un nuovo sistema architettonico. Con Flexible Architecture la piastrella abbandona la sua funzione tradizionale di semplice rivestimento decorativo e si afferma come parte integrante dell’architettura. La fuga che, fino ad oggi, rappresentava qualcosa da nascondere ed eliminare, assume con questa collezione una connotazione nuova, diversa, materica, fisica, trasformandosi essa stessa in elemento decorativo modulare.
È dal 1960 che Budri è specializzata nella lavorazione dei marmi pregiati e delle pietre naturali.
Lo spirito aziendale è basato sull’ossimoro “la leggerezza del peso” che significa, appunto, dare leggerezza e dinamicità al marmo, materiale apparentemente rigido, poco duttile ed austero. Il marmo viene trattato come un tessuto pregiato, “Solo attraverso questo pensiero si riescono a rompere barriere ed entrare nell’anima del marmo liberando le meraviglie in esso contenute”.
Le realizzazioni di Budri seguono due principali linee stilistiche; una linea classica, che mira al recupero del patrimonio storico degli antichi intarsiatori e mosaicisti e una contemporanea, che ha portato importanti innovazioni nello stile e nelle tecniche di lavorazione dei marmi, cercando di seguire la creatività dei designer con cui collabora. Budri accompagna architetti e designer dalle fasi iniziali dei loro progetti, nel processo di sviluppo con la sperimentazione di nuove tecniche o guidando questi fino al termine dell’opera di edifici di pregio. Vere opere d’arte, uniche e preziose come gli intarsi e pose realizzati nella stupefacente moschea di Abu Dhabi o le collaborazioni con brand dell’alta moda. Riesce a dare una nuova interpretazione del marmo: attraverso le sue realizzazioni si potranno apprezzare tutte le sfumature dei suoi colori esaltando la natura mimetica e trasformista, fino a farci cominciare ad osservare il marmo come fosse carta, conferendole la leggerezza e malleabilità tipica di un origami, così come viene chiamata la collezione di tavolini nata dalla collaborazione con Patricia Urquiola. Budri collabora con altri prestigiosi designer come Gianluca Rossi, Peia Associati, Mark Humphrey, Marco Piva, Massimo Iosa Ghini, e Cristina Celestino.
Fornace De Martino è un’azienda artigianale che si occupa della produzione di pavimenti e rivestimenti in cotto lavorato a mano e smaltati seguendo la tradizione che a Rufoli, un borgo sui colli di Salerno, si tramanda da generazioni di Mastri de’ Cotto.
Fornace De Martino ha tre linee produttive ed espressive: il Cotto Classico, il Cotto Decorato e il Cotto Colorato in Pasta. Il primo è un prodotto tradizionale realizzato con impasto interamente composto da argilla che, una volta cotto, assume il caratteristico colore della terracotta. Generalmente viene usato per la pavimentazione, ma diventa importante sempre più l’utilizzo come rivestimento per bagni e cucine. La manualità della fattura conferisce al rivestimento finito una peculiare superficie ondulata che ricorda quella del mare e permette una ampia e continua diversificazione dei formati che hanno raggiunto l’impensabile dimensione per le piastrelle in cotto di 200×100 cm. La cottura a legna conferisce alle piastrelle un ineguagliabile colore giallo paglierino con evidenti fiammate che tendono al rosso. Le piastrelle di Cotto Decorato vengono smaltate e decorate a mano secondo la tradizione vietrese e napoletana. Il Cotto Colorato in pasta è particolarmente adatto ad abitazioni ed alberghi dal design moderno. È ottenuto mescolando all’impasto argilloso ossidi e coloranti per ottenere delle piastrelle colorate per intero che poi vengono cotte per 35-40 ore. Architetti importanti come David Chipperfield, Peter Wirtz o Plot Architecture Office di Hong Kong, si sono innamorati del cotto di Rufoli e lo hanno usato per alcuni importanti lavori. Infatti il cotto De Martino può essere apprezzato in palazzi antichi come Villa Doria Pamphilj a Roma o in contesti più moderni come il lussuoso hotel boutique Bryant Park Hotel di Manhattan a New York.
Cerasarda, brand del Gruppo Romani, propone un progetto aziendale chiamato Abitare la Terra, si tratta di un materiale ceramico originale, che coniuga il sapere artigiano della sua tradizione con le tecnologie d’avanguardia del Gruppo Romani.
Abitare la Terra è un importante e articolato sistema ceramico ideato da Maria Luisa Brighenti, designer e ceramista, contraddistinto da straordinarie scale cromatiche dalle tonalità armoniche arricchite da colori a contrasto, da inedite strutture decorative e dai colori in bicottura smaltata. La forza della collezione risiede nel dare un valore aggiunto a caratteristiche di apparente fragilità della ceramica smaltata come gli effetti craquelè o la vetrificazione del lustro, esaltandone il fascino. Ambienti bagno, cucina, pareti decorative sono presentati con una visione creativa e sorprendente.
[1] Solano Benítez, architetto paraguaiano vincitore del Leone d’oro, come miglior progettista, alla Biennale di Venezia del 2016 di Alejandro Aravena
Arch. Aldo De Vivo
Articolo scritto per la rivista “Il Bagno Oggi e Domani”