Ne ho tracce nel discorso del filosofo francese René Dubós da una conferenza sull’ambiente umano alle Nazioni Unite del 1972.
Nel suo uso originale si riferisce a temi ambientalisti, ma è certo che sia stato adottato come motto da fondazioni, movimenti e, inutile dirlo, dal marketing.
Glocalizzazione o glocalismo è, invece, un termine formulato negli anni 1980 in lingua giapponese (dochakuka), successivamente tradotto in inglese dal sociologo Roland Robertson e poi ulteriormente elaborato dal sociologo Zygmunt Bauman per adeguare il panorama della globalizzazione alle realtà locali.
Nei termini del nostro lavoro, il retail ha necessità di adottarne il concetto, per necessità di sopravvivenza e di concettualizzazione della propria azione che deve abbandonare comportamenti randomizzati e dirigersi verso progetti aggregativi strategici che facciano della pcomunicazione un driver importante.
Pensare globale vuol dire agire utilizzando gli strumenti che usano i giganti che dominano il mondo- Amazon, Apple, Google, Facebook applicandoli nel locale come soluzioni per diventare massa critica nel proprio mercato di appartenenza.
La scelta per il retail è diventata, soprattutto, CULTURALE, ed occorre reinventarsi come eco-sistema fondato sulla condivisione di un Sistema di Valori ed aggregativo.
Occorre provocare!
Non provocando, si possono solo replicare i sistemi ed, aggiungo io, quando i sistemi sono palesemente obsoleti, si corre il rischio di soccombere.
Gino Riccio